Un viaggio fantastico (racconto di Stefan Boer)

Calimero aveva sempre sognato di diventare, da grande, qualcosa di più di un semplice Pedone, per di più Nero, cioè muovendo i propri passi con un tempo di ritardo rispetto ai più altezzosi ed aristocratici colleghi avversari Bianchi, che avevano sempre sfacciatamente la precedenza: molto snob!
Di questo non aveva alcuna colpa, non si poteva nemmeno gridare ad un qualsivoglia pregiudizio razziale: si trattava di una pura convenzione antica, derivata da chissà cosa e chissà da quando.
Tuttavia questo lo frustrava enormemente, insomma si sentiva inferiore e con malasorte: la natura non è stata benevola con lui ed il suo destino pareva voltargli le spalle.
A nulla valsero i vaghi tentativi di consolarlo da parte dei suoi sette colleghi e compagni di sventura, gli altri Pedoni facenti parte dell’armata nera.
Gli dissero che doveva sentirsi onorato di far parte dell’esercito degli scacchi e di chiamarsi Pedone, al contrario dei suoi cugini poveri del gioco della Dama, definiti ingloriosamente Pedine, inoltre lui poteva spaziare indifferentemente su caselle bianche o nere, a differenza delle Pedine della Dama che giocano solo su case nere.
Anche la sua statura avrebbe dovuto renderlo orgoglioso, ogni tanto gli capitava di sbeffeggiare i cugini della Dama, apostrofandoli con scherno, come dei “rasoterra”, laddove neanche in caso di promozione a Dama, la Pedina sarebbe stata della stessa altezza fisica di un Pedone degli scacchi.
Nonostante questo lo apostrofavano come: “fungo servitore di corte”, o birillo da bowling.
D’altronde lui era anche oggetto di burla da parte dei pezzi maggiori degli scacchi, ed egli si sentiva come il brutto anatroccolo con l’ambizione di diventare un cigno o, più similmente, una moderna Cenerentola con l’ambizione da futura Regina di corte.
Gli è stato sempre rinfacciato dai fratelli maggiori – gli altri pezzi più grandi -, che tutti i “gambetti”, ovvero i sacrifici di materiale, si intendevano sempre solo ed esclusivamente di Pedone, ridicolizzandolo, con spregio al suo valore minimo.
Avanti le truppe, “armiamoci e partite” disse un vecchio dittatore, come dire: andate avanti voi a sacrificarvi ed a sfracellarvi, mentre io faccio da regista sul divano del mio salotto.
Questo nome poi, che gli era stato affibbiato, Calimero, riecheggiava vecchi ricordi di una pubblicità televisiva, “Carosello”, degli anni intorno al 1970, di un pulcino piccolo e nero, anche lui infelice e desolato nella sua condizione di diverso rispetto agli altri bianchi: ma questa è un’altra storia.
Ha sempre cercato di sognare in grande, tutto sommato costa esattamente quanto sognare in piccolo, e dato che ognuno di noi è l’architetto del proprio destino, cercò di progettare un futuro glorioso, fatto di una futura promozione a qualcosa di più di un semplice Pedone.
Il rimanere per tutta la sua esistenza solo questo, lo frustrava enormemente, ma ostinatamente si sforzava di pensare che la grandezza di un individuo, sia esso anche solo un umile Pedone, si misura in base a quel che cerca, non certo in base alla statura fisica, ed all’insistenza con cui egli resta alla ricerca.
Andava ripetendosi, come un mantra, che l’impossibile esiste solo perché non si fa nulla per renderlo possibile.
Dopo tutto, rifletteva, anche gli Alfieri non sono altro che dei Pedoni un poco più alti, e spesso li canzonava chiamandoli scherzosamente dei “salvadanai”, alludendo a tale somiglianza figurativa.
E lui, il nostro Calimero, si sentiva nel cuore di fare grandi cose nel suo percorso di vita e, siccome tutto ciò che merita di essere fatto, merita di essere fatto bene, si mise in marcia verso grandi mete, lento, ma deciso ed inesorabile, come fosse un trattore, non veloce ma potente.
Molti confondono la cattiva gestione della propria vita con il destino, tutti i limiti che ci poniamo sono solo una soggettiva barriera mentale ed esistono soltanto per essere superati, dunque si diede da fare.
Si mise in testa, trattandosi di una apertura di gioco chiamata tecnicamente Partita Spagnola, di intraprendere sulla scacchiera, per coerenza, il Cammino di Santiago de Compostela, con la fede e la determinazione di un pellegrino credente.
Arrivato a Pamplona, cambiò bruscamente idea: aveva sentito parlare della famosa corsa dei tori (neri, per giunta anche quelli!) per le strade, e temette di venir coinvolto in questa folle ed esasperata manifestazione, tipicamente iberica.
E poi sentiva odore di corrida, e questo lo terrorizzava, temeva che gli animalisti sostituissero i tori (neri) con dei pedoni di legno, ma sempre neri, e lui sarebbe stato drammaticamente reclutato per il crudele spettacolo. Dunque meglio cambiare aria.
Comunque non gli andava giù il fatto che, scacchisticamente parlando, si nominano molte aperture, varianti o comunque situazioni di gioco con la nomenclatura “est”, oppure “ovest”, mai qualche riferimento al nord o a sud: una subdola forma di razzismo territoriale.
Per esempio: difesa “Est Indiana”, oppure “Ovest Indiana”, o anche citando i lati della scacchiera, mai un “nord” o un “sud”, chissà perché: eppure i Pedoni muovono proprio in queste ultime due direzioni.
La cartina geografica indicava la via di Santiago in direzione ovest, ma la direzione del Re avversario era invece verso sud, dunque si fece delle serie riflessioni sul percorso da seguire.
Non volendo creare disordini e neanche venirne coinvolto, cambiò direzione di marcia con in testa il ritmo della canzone “Rotolando verso sud” dei Negrita (accidenti, un altro riferimento al suo colore della pelle, almeno per assonanza!).
Gli parve di dirigersi verso la direzione giusta, “rotolando” era simbolicamente il suo lento passo di Pedone, un rullo compressore, e poi la direzione sud era l’indicazione corretta: il Pedone Nero che si dirige verso il Bianco, dal quale partono tutti i riferimenti e le notazioni tecnico- scacchistiche, muove verso sud.
Per un attimo gli balenò in testa di costituire lì per lì con gli altri Pedoni circostanti, un moderno complesso rock, i “Rolling Pawns”, ma poi lasciò perdere convinto di essere irriverente verso i mitici “Rolling Stones”, oltre che accusato di plagio: meglio non cercare guai.
Pur essendo cosciente di essere il primo nella lista a venire sacrificato, il nostro eroe da questo traeva proprio la sua forza ed incoscienza, perché gli era facile lanciarsi allo sbaraglio: dopo tutto rischiava meno degli altri.
Su qualsiasi strada, rifletteva rassegnato, un pedone è sempre in pericolo, anche sulle provvidenziali strisce pedonali, sempre solo bianche (è una persecuzione!), deve sempre stare molto attento.
Era molto demoralizzato ed affranto.

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Nel proseguimento del viaggio, per aumentare la sua energia vitale, quasi per magia, gli risuonava in testa un’altra musica che gli diede molta forza e vigore nel procedere, essendo in terra di Spagna, non poteva che trattarsi del “Bolero” di Ravel, danza spagnola inizialmente molto lenta e timida, poi sempre più incalzante nel ritmo rullante progressivo cadenzato e nel suono, inesorabile e ritmicamente adatto alla sua andatura da trattore, con un finale col botto.
Il compositore de “Il Bolero”, ragionò, era Maurice Ravel, francese, ed è proprio dalla Francia che aveva intrapreso la partenza del Cammino di Santiago, forse un presagio, salvo poi cambiare repentinamente idea per questioni di sicurezza personale.
Tutto d’un tratto ebbe uno scatto d’ira: protestò energicamente con i pezzi superiori, leggeri e pesanti, minacciando una manifestazione, tecnicamente un blocco di Pedoni; chiedeva innanzitutto di non essere più chiamato Nero, ma “diversamente Bianco”, aveva sentito dire da qualche parte che ciò era “politicamente corretto”.
Non ottenne purtroppo la soddisfazione voluta, allora si concentrò sul suo nome infausto, indesiderato ed indesiderabile, Calimero, che gli pareva un nome di sventura e cattivi presagi: inoltre Nero e funesto.
Partito come paggio servitore davanti alla Donna Nera del proprio Re, a cui doveva perfino tenere il vestito per evitare che strusciasse per terra, nonostante l’invidiabile privilegio regale quasi al pari del Pedone di Re, il Pedone di Donna era pur sempre un servitore di corte.
Osservò saggiamente che non si piange sulla propria storia, si cambia rotta! Voleva cambiare nome.
Si riunì quindi in seduta plenaria il Gran Giurì degli scacchi per esaminare il suo caso, finora senza alcun precedente nella storia.
Il Gran Consiglio, al completo, era fortemente influenzato nel giudizio finale dall’autorevole opinione dei pezzi pesanti, le due Torri e la Donna, mentre gli altri pezzi fungevano più da comparsa, ferma la decisione finale del Re.
In questo senso, volendo trovare una similitudine storica, sembra di rievocare il famoso Consiglio dei Dieci di Venezia (le dieci famiglie più potenti ed influenti nella vita cittadina) che di fatto decideva le sorti della Serenissima Repubblica di Venezia, con il Doge-fantoccio da arbitro finale, ma in realtà ininfluente e da loro pilotato.

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Foto di Marco Berlusconi, (concorso fotografico Egoart, 2003)


I “senatori”, vale a dire i pezzi pesanti, fecero valere la loro determinante influenza in questa spinosa vicenda; avevano paura che il piccolo Pedone si montasse la testa con ambizioni smisurate, magari una futura promozione ad uno di loro per diventare un pari grado, forse una Torre, o ancor peggio, una Donna.
La chiesa non accettò di rimanere in disparte e volle esercitare la propria influenza, attraverso i Vescovi (Bishops, in inglese) rappresentati come Alfieri alla corte del Re, dei consiglieri supremi.
In particolare fu uno dei due, lontano parente del carismatico Vescovo Ruy Lopez de Segura, vero ideatore della Partita Spagnola alcuni secoli prima, a dettare le condizioni, infatti il termine “Apertura Spagnola” ha proprio questa derivazione di...cittadinanza!
Non si poteva del tutto negare il trattamento inferiore riservato al povero Pedone, considerato alla stregua di un essere inferiore o di uno schiavo: di fatto è l’unico pezzo degli scacchi di cui, nella trascrizione delle mosse si omette completamente la lettera iniziale, nel caso del nostro eroe: la P, di fatto una discriminazione di classe sociale ed un palese abuso di potere degli altri pezzi dominanti.
D’altronde, essendo la partita in corso, tecnicamente una “Partita Spagnola”, così imposta dal Bianco (1. e4 e5 2. Cf3 Cc6 3. Ab5), non pareva bello chiamare un proprio Pedone Nero con un nome “spagnoleggiante”, cioè Calimero, pareva quasi un segno di debolezza ed arrendevolezza verso l’avversario, il dominante Bianco, che aveva imposto solennemente questa apertura, accettata per forza dal Nero.
Per cercare di non demoralizzare e scoraggiare del tutto il nostro ardito fante, gli fu concesso un cambio d’identità, con decisione all’unanimità:
gli fu consentito di chiamarsi, d’ora in poi, “Pedone d”, laddove la lettera “d” rappresenta la casa di partenza da cui si avvia, la “d”, in particolare sulla Traversa 7.
Una declassazione della lettera “c” dalla maiuscola del suo nome (Calimero), alla minuscola “d” (Pedone “d”, rimarcando però con questa lettera “d” l’assoluta devozione e protezione da lui dovuta alla sua Sovrana, la Donna/Regina Nera).
D’ora in avanti il nostro ambizioso eroe non si chiamerà più Calimero, ma Pedone d7, in breve Pd7.
Si badi bene, rimanendo comunque inalterata l’omissione della lettera P nella notazione delle mosse della partita, insomma un compromesso: viene tolto il soprannome vezzeggiativo, ma rimane la non menzione, né apparizione dell’iniziale lettera del pezzo che si muove, in netta contrapposizione con tutte le altre figure degli scacchi.
Questo evento ebbe un impatto epocale sul gioco degli scacchi nel mondo, da questo momento in avanti tutti i Pedoni vennero nominati esclusivamente con il nome della loro precisa collocazione sulla scacchiera e non più con nomignoli dispregiativi, in cambio dell’oblio nella scrittura delle mosse.
Finalmente, dopo i primi passi di impostazione d’apertura, la Spagnola appunto, il nostro ambizioso ed intraprendente Pedone, dopo appena quattro tratti di gioco, invase il campo del suo collega Pedone “c”, vicino di casa, anzi di casella, sulla colonna “c”, con una cattura che ha creato una doppiatura di pedoni sulla stessa medesima colonna: 4.dxc6, creando non pochi imbarazzi.
In pratica gli si parò davanti in modo irrispettoso, con un sorpasso azzardato ed impertinente, da vero bullo di strada.
Di fatto ora sulla colonna “c” si trovano due pedoni: due galli in un pollaio, di cui uno abusivo ed invasore: era proprio lui.
Si salvò a malapena dalle ire del pedone scavalcato, adducendo la colpa alla “variante di cambio”, che generava automaticamente questa situazione, senza che neanche fosse stato consultato preventivamente.
Nella realtà dei fatti il Pedone “c” si lamentò a lungo e non poco, aveva perso l’esclusiva sulla propria colonna, forse avrebbe dovuto richiederne in precedenza il brevetto, ma era quasi certo che gli sarebbe stato rifiutato.
Saggiamente il malcapitato Pedone sorpassato ricordò un vecchio detto secondo il quale, se non riesci a combattere il tuo nemico troppo forte, devi fartelo amico, dopo tutto erano compagni di squadra e d’avventura, oltre che di colonna.
Con molta diplomazia e saggezza, il nuovo arrivato convinse il compagno di reparto a collaborare, esponendogli eloquentemente la nuova forza acquisita, sia offensiva (lasciata al nuovo Pedone in c6, più avanzato) che difensiva con lo stesso Pedone c7.
Di fatto il nostro ex Calimero aveva raddoppiato la sua potenza, essendo ora diventato un Pedone doppiato, ma non isolato e con l’idea di un arrocco lungo fortificato, nell’ala lunga del suo castello di appartenenza, contribuendo non poco alla difesa del proprio Re che aveva apprezzato molto la strategia.
Anche il suo amico d’infanzia Amilcare, futuro compagno di arrocco lungo ed ora definito Pedone “a” con la nuova nomenclatura, gli era molto grato ed era ben felice di aver cambiato nome grazie alla rivoluzione linguistica.
Dopo alcune schermaglie tra i pezzi leggeri, Alfieri e Cavalli, il Re Bianco decise di arroccarsi nell’ala corta del suo Castello: 8 O-O, mentre al Nero parve saggio fare l’opposto: 10...O-O-O, cioè rifugiarsi in un arrocco lungo, vale a dire nella parte più lontana del campo di battaglia, rispetto al rivale.
Questa decisione del Nero fu senza dubbio influenzata dal plus-pedone “c” con cui poteva fortificarsi l’arrocco lungo del Nero.
Gli Alfieri si affrontarono tra loro incrociando le lame, mentre il Cavallo di Re del Bianco vagava tristemente per la scacchiera, ridotto ad un ronzino errante.
I Pedoni centrali del Bianco spingevano in avanti decisi, facendosi spazio mentre la Donna Nera, uscita allo scoperto troppo presto in cerca di facili avventure, rischiava di rimanere preda degli appetiti dei pezzi bianchi, rischiando seriamente di essere rapita come una novella Elena di Troia o un moderno ratto di una Sabina, come l’antica storia romana ci narra.
Con l’attiva collaborazione dell’intera armata nera, il nostro Pedone esploratore si avventurò verso nuovi lidi, terre lontane e sconosciute, ottenendo già la prima grande soddisfazione, premiante del suo lungo viaggio.
Il nostro fante, partito da lontano, si ritrovò infatti a fagocitare un Alfiere nemico come prima conquista nel nuovo territorio, un bottino appetitoso; infatti una volta spinto in c5, oltrepassò la linea di confine tendendo un’imboscata e catturando eroicamente con una forchetta un malaugurato pezzo avversario: 26... cxAd4.
Con quest’ultima mossa, si riportò inoltre sulla sua colonna d’origine: la “d”.
Tutto questo avvenne dopo un’intermedia sciabolata della propria alleata, la Donna Nera in c2.: 25...Dc2
Negli scacchi, come nella vita, bisogna porsi degli obiettivi e cercare di raggiungerli, senza vagare a caso o improvvisando le situazioni ed egli, per ottimizzare le sue forze, dovette prepararle al meglio fin dall’inizio.
La strategia deve essere accuratamente pianificata.
Si ricordò una citazione di Seneca:
“Se un navigante non sa verso che porto dirigersi, nessun vento gli sarà favorevole”.
Alla base di ogni fortuna e successo, c’è la fede di qualcuno che ha creduto in sé stesso, che ha creduto in un’idea, in un sogno, in un progetto ambizioso, per quanto impossibile potesse sembrare agli altri.
Un poco stanco per il lungo viaggio, anche un po’ scapigliato, dopo tutto aveva attraversato il brullo interno della Spagna, decise di concedersi una sosta ristoratrice a Siviglia, nella bottega di un famoso barbiere di cui aveva letto una vecchia favorevole recensione di un tale Gioachino Rossini.
Gli venne anche offerta una tisana alla frutta che parve miracolosa, si sentiva allegro e rinvigorito: era sangria...
Con il nuovo look e nuovo ottimismo, la bevanda stava già facendo il suo effetto, gli parve di aver acquisito nuova energia vitale e, dopo aver contrastato efficacemente alcuni tentativi di
distrazione dei pezzi bianchi con un inutile scacco di consolazione, il nostro impavido eroe riuscì, con una certa faccia tosta, ad avanzare ancora in profondità 28... d3, 29... d2, mentre una Torre nemica cercava di distrarre l’attenzione dal lato opposto della scacchiera, di concerto con la propria Donna Bianca sull’altro fronte, puntando direttamente il Re Nero.
Intanto era orgoglioso di essere riuscito a “sdoppiarsi” dal pedone “c”, re- instradandosi sulla sua colonna originaria, ricomponendo geometricamente l’armata di partenza, laddove ogni Pedone ha una sua esclusiva colonna di appartenenza.
D’improvviso ebbe un dubbio atroce, che avrebbe potuto compromettere tutti i suoi sogni.
Il nostro Pedone aveva sempre sperato, da grande, di diventare una Donna e questo cambio di sesso negli scacchi, gioco molto tollerante, sempre attuale nei costumi e nelle usanze, non rappresentava certo un problema: ogni Pedone che si rispetti, Bianco o Nero che sia, ha questa malcelata ambizione, neanche tanto segreta.
Rappresenta un traguardo di vita, un premio alla carriera, un goal: chi di noi non vorrebbe progredire nella vita?
Per similitudine, con una proporzione matematica:
un Pedone sta alla Plebe, come la Donna sta alla nobiltà, in pratica la formula sarebbe:
P : Plebe = D : Nob.
Là dove Donna e Nobiltà rappresentano anche la ricchezza e libertà di muoversi liberamente, ed il Pedone un piccolo uomo che vorrebbe scalare una montagna.
Concluse che il gioco degli scacchi rimane sempre al passo con i tempi, ed ogni modernità è condensata nella sua essenza, costituita da millenaria saggezza: dunque non aveva nulla da temere.
Il nostro Pedone avanzato si sentiva un esploratore, ma non un eroe.
Il suo mito e modello è sempre stato il veneziano Marco Polo, con alcuni distinguo:
intanto Marco Polo si è diretto ad est, in oriente, arrivando fino in Cina,
e poi è stato via 24 anni, di cui 17 passati e vissuti in Cina, ed il resto in viaggio.
Desiderava giocare una partita un po’ più corta...
Forse il gruppo musicale dei Nomadi ha preso spunto proprio dal suo viaggio in oriente, componendo la canzone “Ad est, ad est!”
Riflettendo su questi dati, tutto sommato gli piacque di più, come avventuriero, il personaggio di Corto Maltese sulla sua goletta in piena laguna veneta, anche se si trattava naturalmente di un fumetto di fantasia uscito dalla penna di Hugo Pratt.
Anche il Gabbiano Jonathan Livingstone era un suo preferito, con il suo volo in progressivo miglioramento in cui ricercava con fiera determinazione la perfezione acrobatica...
Finalmente gli parve di scorgere da lontano la tanto agognata meta, la prima traversa, che sarebbe valsa la promozione ad un pezzo superiore:
Sì, ma quale?
Egli avrebbe naturalmente optato per la Donna, il pezzo più forte e potente che poteva scegliere, ma gli venne sussurrato da una voce sconosciuta di stare molto attento e verificare che ciò gli fosse effettivamente consentito dai costumi in atto.
Già, perché un tempo, nella cattolicissima Spagna, non era assolutamente consentito ad un Re avere due Donne sulla scacchiera, era disdicevole: che non si dica mai di un Re bigamo.
A meno che il Re non avesse più con sé sulla scacchiera la Donna originaria, in qualunque modo fosse scomparsa.
Un Re regnante in Spagna, che deve rappresentare sempre un esempio per il proprio popolo, anche di integrità morale, doveva osservare la dottrina religiosa cattolica di Stato, secondo la quale non possono coesistere due donne/consorti nella vita sentimentale di un uomo, figuriamoci di un Re.
Oltre che contro le regole, sarebbe un pessimo esempio per i sudditi: un Re così lascivo ed amorale non sarebbe più stato rispettato dal popolo.
Verificò che si trattava di una vecchia regola di gioco in Spagna, non più in uso da tempo immemore ed ora non più valida, non tanto per la sua fermezza morale, peraltro da tutti umanamente ed eticamente condivisa, quanto per uniformare le regole del gioco degli scacchi, che aveva oltrepassato ogni limite territoriale con la sua popolarità, con il resto del mondo.
Questo perché la sua Donna d’inizio partita era ben viva e vegeta, oltre che molto attiva sul campo di battaglia.
Le regole, a differenza della Dama, dovevano essere le stesse in tutto il mondo: e così fu.
Con la coscienza a posto, ma non troppo, si spinse fino in fondo alla scacchiera, scegliendo dunque di essere promosso a Donna, un’altra Donna..., dunque: 32... d1=D+ e pure con scacco, olé!
In realtà, pur avendo ora acquisito una nuova forza e potenza di gioco, aveva sempre la sensazione di diventare la seconda Donna del suo Re, con mancanza di rispetto per l’effettiva consorte, in aperto spregio anche alla nobiltà.
Solo tre mosse dopo, con i nuovi super-poteri acquisiti, si permise perfino l’innominabile 35... Ddg1# SCACCO MATTO!
Si, perché questa brutale parola, nella pratica del gioco degli scacchi, non ricorre quasi mai, dato che normalmente ogni Re in fuga, quando si vede perduto, alza bandiera bianca arrendendosi preventivamente ed abbandona la partita.
Questo non è disonorevole, ma viene considerato sportivo e cavalleresco, un riconoscimento del valore dell’avversario.
In ogni caso è bene precisare che un Re degli scacchi non muore mai, gli viene sempre concesso l’onore delle armi, può venire catturato e fatto prigioniero, ma mai ucciso né tantomeno mangiato: se un giocatore dovesse commettere questo pseudo-crimine verrebbe severamente redarguito dall’arbitro finanche una penalità o perdita lui stesso della partita.
Il nostro Pedone, partito da molto lontano, era in conclusione arrivato oltre le sue più rosee aspettative, catturando sul suo percorso un Alfiere avversario, avanzando con marcia decisa per
arrivare in ultima traversa con promozione alla suprema Donna e di lì a poco concludendo anche con un ultimo implacabile, definitivo ed imparabile scacco, il più devastante, quello decisivo senza appello, quello matto!
Non gioì a lungo perché lo considerava comunque anche un oltraggio al suo nemico sulla scacchiera, ma pur sempre un Re.
Avrebbe dovuto sentirsi felice ed appagato, ma così non fu, il gioco era diventato troppo pesante anche per lui, gli era sfuggito di mano: la vicenda non era conclusa e gli rimordeva la coscienza.
Intanto, per cominciare il suo percorso di purificazione e redenzione, cominciò a concepire un nuovo modo di pensare, rivoluzionario per gli scacchi: dopotutto il suo cammino originario in direzione Santiago de Compostela, poi deviato, aveva un obiettivo turistico e mistico, non irriverente ed usurpatore di terre altrui.
Per prima cosa non volle oltraggiare il Re Bianco, il Pedone Nero era venuto da lontano, trasformandosi poi in Donna, per conoscere l’altro Monarca, non “catturarlo”, ma “conquistarlo”, come si fa la corte ad una donna.
Ricordava che Marco Polo attraversò l’oriente per approdare alla corte del sultano Kublai Khan, omaggiandolo con doni che avrebbero poi generato proficui commerci ed in seguito reso Venezia la Serenissima Repubblica che tutti abbiamo studiato, con un impero potentissimo durato esattamente 1100 anni e con 120 Dogi.
In secondo luogo, rimase molto colpito dall’integrità morale del Re Bianco che risvegliò la coscienza del Nero, rimproverandogli di giocare “sporco” contro di lui accerchiandolo con due Donne che, al di là delle strette regole del gioco (tecnicamente era tutto come da regolamento) doveva considerarsi una forza devastante al limite dell’abuso di potere, oltre che irrispettoso, insolente, offensivo, indelicato, sconveniente e fedifrago nei confronti dell’unica propria vera Donna del Re Nero.
Il Pedone Nero doveva sentirsi quasi un verme per aver procurato al proprio Re una concubina.
Ma la stoccata che il Re Nero ricevette indietro dal rivale Re Bianco fu un colpo da K.O. che non lascia repliche:
“Avere un Donna è un’Arte, ma averne una che ne vale cento è CLASSE!”
Moltiplicare le Donne intorno a sé non lo avrebbe reso certamente una persona migliore, anzi!
Un veloce messaggero, un Alfiere del Nero, recapitò il più rapidamente possibile la missiva al proprio Sovrano: si era creato uno strano caso diplomatico che andava sbrogliato al più presto.
La sorprendente ed inaspettata risposta del Re prevaricatore, fu la seguente:
“Caro collega, mi hai reso indietro la scacco matto che hai appena ricevuto e ti sono molto grato per questa lezione di vita e di stile.
È effimera la vincita al gioco, scacchi compresi, se non si concepisce l’autenticità dei veri valori della vita.
Tu mi hai aperto gli occhi, la dignità ed integrità morale di un uomo non è acqua fresca.

Ogni GRANDE UOMO che si rispetti ha, nel suo cuore, spazio per una sola vera Donna che ama e rispetta, declinando qualsiasi altra tentazione secondaria, e questo non fa eccezione neanche per un Re, qualunque esso sia: questo distingue un VERO UOMO da tutti gli altri.”
Questo è l’unico caso conosciuto nel mondo degli scacchi, in cui uno scacco matto inflitto da un giocatore, gli sia stato contemporaneamente restituito, ed accettato, dall’avversario.
Questo episodio favorì, In seguito, le relazioni commerciali e diplomatiche tra i due regni, mentre l’”Ave Maria” di Schubert echeggiava in tutta la scacchiera, suggellando un nuovo mondo.
Chi è senza peccato, scagli...il primo Pedone! (Sempre lui!)
Indifferentemente Bianco o Nero, non importa, rispettiamo la par-condicio.
Gli uomini avevano finalmente compreso che bisogna cercare la cooperazione e non lo scontro frontale:
NON: io vinco, tu perdi,
NON: io perdo, tu vinci, INVECE: IO VINCO, TU VINCI.
Nota dell’autore: la partita menzionata nel racconto, è stata realmente giocata il 21.03.1980 a Milano, al sesto turno del Torneo Internazionale, nella categoria “Esordienti”, in cui l’autore di questo scritto aveva il Nero.
Ecco qui di seguito le mosse, riportate senza commenti: PARTITA SPAGNOLA (Ruy Lopez) Variante di cambio:



  1.e4 e5
  2. Cf3 Cc6 

  3. Ab5 a6 

  4. Axc6 dxc6 

  5. Cxe5 Dd4 

5npng

  6. Cg4 Dxe4+ 

  7. Ce3 Ac5 

  8. O-O Dg6 

  9. Df3 Ae6 

  10. c3 O-O-O 

10npng

  11. d4 Ab6 

  12. Cd2 Ce7 

  13. Cdc4 Aa7 

  14. Ce5 Df6 

  15. Dg3 Cg6 

15npng

  16. C3c4 h6 

  17. Ae3 Ce7 

  18. Cg4 Df5 

  19. d5 Axd5 

  20. Axa7 Axc4

20npng

  21. Tfe1 Cd5 

  22. Ad4 f6 

  23. Ce3 Cxe3 

  24. Txe3 c5 

  25. Tf3 Dc2 

25npng

  26. h3 cxd4 

  27. Te1 Td7 

  28. Tf4 d3 

  29. Dg6 d2 

29npng

  30. Te8+ Txe8 

  31. Dxe8+ Td8 

  32. De7 d1=D+ 

  33. Rh2 Ad5 

  34. Tg4 Dxf2 

  35. Txg7 Ddg1#